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Legge: Misure per la tutela del lavoro agile (smart working)

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2017 è stata pubblicata la
Legge 22 maggio 2017 n. 81, "Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato".

Il provvedimento è composto da 26 articoli suddivisi in tre capi:
- il capo I concerne il lavoro autonomo e si compone degli articoli da 1 a 17,
- il capo II reca disposizioni in materia di lavoro agile e si compone degli articoli da 18 a 24,
- il capo III reca le disposizioni finali.

Importanti novità in ambito del lavoro autonomo comprendono disposizioni in ambito fiscale e previdenziale, fra le quali:

• deduzione integrale delle spese di viaggio connesse ad un incarico professionale, non più riconducibili a compensi in natura;

• estensione del congedo parentale anche per i padri (fino a sei mesi totali per i due genitori) entro i primi tre anni di vita del bambino e con calcolo della contribuzione su un periodo di 18 mesi;

• trattamento assistenziale per periodi di malattia grave che comporti inabilità assoluta assimilato a quello per degenza ospedaliera;

• spese di formazione e aggiornamento professionale deducibili al 100% con tetto di 10mila euro annui.

Con l'entrata in vigore della legge, cambia anche la disciplina dello smart working.
Viene chiarito il significato di smart working: vale a dire (per differenziarlo dal telelavoro) quando la prestazione resa in modalità “agile” avviene in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno, senza una postazione fissa, ed entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale (si potranno utilizzare gli strumenti tecnologici). Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusi-vamente all’interno dell’azienda.

Usufruiscono dello smart working per lo più le grandi aziende, tanto che il 30% di esse ha realizzato nel 2016 progetti ad hoc; le Pmi invece sono ferme al 5%.

Uno degli obiettivi è quello di aiutare soprattutto le donne, le quali, anche per mancanza di adeguati servizi di welfare pubblico, rinunciano al lavoro più che in altri paesi europei, pur di non allontanarsi fisicamente da casa e famiglia. Per le aziende il vantaggio di utilizzare il lavoro agile si traduce in primo luogo in un modo per tagliare i costi, per esempio, quelli legati alle sedi e alla loro gestione: illuminazione, climatizzazione estiva e invernale, mense, pulizia (come dimostrano le esperienza di aziende come la Mars, la Barilla ed Enel).

La nuova disciplina si può riassumere in alcuni punti fondamentali:

- Accordo tra le parti. Il contratto relativo allo smart working dovrà essere stipulato per iscritto e potrà essere sia temporaneo che a tempo indeterminato. L’accordo tra lavoratore ed azienda può avvenire sia in caso di contratto già in essere, sia in caso di nuova assunzione e può essere risolto, con preavviso, anche unilateralmente.

- Trattamento retributivo. Il trattamento retributivo dovrà essere pari a quello dei colleghi che svolgeranno la propria attività sempre in ufficio.

- Diritto al riposo e alla disconnessione. Anche l’orario di lavoro dovrà rimanere lo stesso. Smart working non significa infatti essere disponibili 24 ore su 24, ma svolgere la propria attività in un orario definito, esattamente come tutti gli altri lavoratori. In tal senso la normativa dovrà disciplinare il lavoro straordinario che potrà essere più difficile da definire ed in particolar modo sarà più complesso averne un controllo da parte del datore di lavoro.

- Sicurezza e salute del lavoratore. Per ciò che attiene la sicurezza del lavoro agile, la normativa non sottolinea la differenza tra sicurezza relativa agli strumenti di lavoro e sicurezza relativa al luogo dove opera il dipendente. Nel primo caso la sicurezza dovrebbe essere garantita dall’impresa mentre, nel secondo, la sicurezza non dovrebbe poter essere imputata al datore di lavoro che, come detto, ignora il luogo da cui il dipendente opera.

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