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VOLONTARIATO: RIMBORSO SPESE SOLO SE DOCUMENTATO

E' illegittimo prevedere che i rimborsi ai volontari da parte dell’associazione di appartenenza vengano stabiliti con criteri forfettari.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 23890 del 25 novembre 2015.

La vicenda dalla quale origina la sentenza in oggetto vede contrapposte l’Agenzia delle Entrate ed un’Associazione volontaria di pubblica assistenza che si era vista recapitare un avviso di accertamento con il quale venivano recuperate a tassazione le somme erogate ai propri associati riqualificandole da rimborsi spese a compensi.
La CTR Lombardia, in riforma della sentenza di prime cure, annullava l’avviso di accertamento e confermava la natura di rimborsi spese delle somme erogate, motivando sull’esiguità delle stesse e sulle modalità forfettarie di pagamento.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale chiarendo la portata dell’art. 2, l. n. 266/1991, ribadisce che gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati devono considerarsi compensi – e come tali assoggettati a tassazione – laddove siano corrisposti a titolo forfettario, circostanza il cui onere probatorio, in senso negativo, grava sul contribuente (l’associazione, in caso di ritenuta alla fonte, o l’associato per quanto riguarda il prelievo IRPEF).
La norma citata esclude la possibilità di qualificare le somme come rimborsi spesa anche nel caso in cui vengano superati i limiti preventivamente stabiliti dalle associazioni stesse, limiti che devono essere determinati dagli organi deliberativi dell’associazione in relazione al singolo associato e che non possono essere individuati sulla base dell’importo iscritto nel bilancio preventivo, come sostenuto dall’Agenzia ricorrente. Depone a favore di tale interpretazione sia il dato letterale (l’art. 2 cit. si riferisce «al volontario»), sia la considerazione della natura fisiologica degli scostamenti tra il bilancio preventivo e quello consuntivo, dovuti a spese inizialmente non previste e successivamente autorizzate o ratificate dall’assemblea durante l’esercizio.
In conclusione, la Corte di legittimità ritiene ammissibile la sola censura con la quale l’Agenzia lamenta il mancato esame della circostanza per cui i rimborsi asseritamente erogati dall’Associazione risultavano privi della documentazione delle rispettive spese. La sentenza impugnata si fonda infatti su elementi – l’esiguità delle somme e le relative modalità di pagamento – privi di ogni rilevanza ai sensi dell’art. 2, l. n. 266/1991 e merita dunque la cassazione con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia.

La Corte si è basata sulla disposizione contenuta nell’art. 2, comma 2, della legge n. 266/1991, secondo la quale "al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse”.

La prima parte di tale disposizione significa che non possono essere considerati rimborsi di spese - e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione - gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfettario, ossia senza specifico collegamento con spese, singolarmente individuate, effettivamente sostenute dai percettori.
La seconda parte di tale disposizione significa che non possono essere considerati rimborsi di spese - e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione - gli esborsi erogati dall’associazione di volontariato ai propri associati qualora gli stessi eccedano "i limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse".

In sostanza, la disposizione in commento tende a garantire che i rimborsi spese non mascherino l’erogazione di compensi, ossia che il rapporto associativo non mascheri un rapporto di lavoro e a tal fine prescrive che i rimborsi a ciascun singolo volontario:
- per un verso, siano connessi a "spese effettivamente sostenute" - il che risulta intrinsecamente incompatibile con la determinazione dell’entità del rimborso con criteri forfettari;
- per altro verso, rientrino in "limiti preventivamente stabiliti".

In conclusione, la Corte di legittimità ritiene ammissibile la sola censura con la quale l’Agenzia lamenta il mancato esame della circostanza per cui i rimborsi asseritamente erogati dall’Associazione risultavano privi della documentazione delle rispettive spese. La sentenza impugnata si fonda infatti su elementi – l’esiguità delle somme e le relative modalità di pagamento – privi di ogni rilevanza ai sensi dell’art. 2, l. n. 266/1991 e merita dunque la cassazione con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia.

 

  

  

 

 

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